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Il “ribat” di Agropoli

    Fin dalla fondazione dell’Islam frotte di saraceni hanno sempre tentato di penetrare nel cuore del territorio europeo, un po’ per convertirlo a fil di spada, un po per acquisire tesori e schiavi. Gli agareni (termine derivato da Agar,la schiava di Abramo da cui ebbe origine la loro stirpe) occuparono sia la Spagna che la Sicilia, dalla prima tentarono la penetrazione in Francia ma ebbero l’amara sorpresa di essere inchiodati a Poitiers da Carlo Martello, dalla seconda base continentale ebbero l’opportunità di entrare nel meridione d’Italia frazionato e in lotta perenne tra Papato, bizantini e principi longobardi.

    Per rafforzare le compagini in lotta furono chiamate bande saracene, ma queste non portarono altro che distruzioni e saccheggi partendo dai loro campi sul Garigliano e nei pressi di Napoli.

    E proprio da Napoli dove si era raccolto il maggior numero di saraceni che Pandolfo di Capua li scacciò, i pochi superstiti si rifugiarono a Punta Licosa dove un’altra sirena aveva dimora e dove avevano trovato già in precedenza un approdo sicuro.

    Da li mossero immediatamente alla conquista di un migliore luogo da usare come base e scelsero la cittadina di Agropoli che occuparono stabilmente nell’882.

    Il vescovo che fino ad allora aveva avuto nella città il seggio si era trasferito a Capaccio Nuovo nell’anno 879 ma poco si sa di cosa acadde alla popolazione ma, conoscendo le costumanze saracene è facile determinare che se qualcuno sopravvisse fu ridotto in schiavitù oppure l’abbandono della città da parte di altri cittadini portò alla fondazione di altre località come Ogliastro ed Eredità, l’episodio venne brevemente riportato anche da Erchemperto … Saracenos ab eodem loco vi repulit; illi autem abeuntes, Agropoli castrametati (sunt).

    I Saraceni, il cui numero eccedeva alla capienza delle mura, trovarono da accamparsi nel piano sottostante l’abitato, creando un campo trincerato fra il fiume, le mura stesse di Agropoli e la strada che vi accedeva.

    L’intera area assunse la denominazione di Campo Saraceno, era localizzato, volendo dare credito alla testimonianza di autori sei-settecenteschi “nel piano sotto la terra“, “piano, onde poivassi alla Terra“, cioé nella piccola pianura, oggi scomparsa sotto la crescita urbana, dalla quale si saliva alla cittadina, corrispondente all’attuale Piano della Madonna, che si estende fra la chiesa della Madonna della Grazie ed il campo sportivo. Il trinceramento saraceno occupava, in pratica tutta quest’area, strategicamente perfetta ai fini del controllo dello scalo marittimo, del guado sul fiume e della strada.

    Ecco quindi come venne costituita una testa di ponte mussulmana nell’arco meridionale del golfo di Salerno, un ribat, così come venne definito dai cronisti arabi, una vera spina nel fianco dei principi di Salerno e di tutta l’area campana in generale.

    la cittadina divenne immediatamente un punto di ritrovo per tutte le bande saracene che operavano nel Tirreno favorite sia dalla facilità di approdo che dalla vicinanza con i maggiori centri economici del meridione oltre che dalla dolcezza del clima, un cronista rivela infatti che “Agropoli è situata in una fertile pianura che comincia da Salerno. Quivi sùccedeva il prodigio di vederli fiorire gli alberi e produr le frutta anche d’inverno; i rosai di Pesto erano in questo luogo” (cronologia de’ vescovi Pestani ora detti di Capaccio….. Giuseppe Volpi 1752).

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    Quindi alla fine del IX secolo si ricordavano ancora le eccellenze dell’agro pestano nonostante che solo pochi abitatori erano rimasti nell’antica città greca e questi vivevano a ridosso del delle leggere alture su cui erano stati edificati i maestosi templi dorici mentre il fiume Salso penetrava nella città da Porta Giustizia per fuoriuscirne da Porta Marina rendendo tutta l’area acquitrinosa e malsana

    Anche questi pochi pestani dovettero lasciare le dimore per le vicine colline di Capaccio infliggendo l’ultimo colpo alla morente metropoli.

    L’occupazione saracena provocò l’immediato abbandono dell’intera pianura da parte dei contadini favorendo quindi l’impaludamento di tutta la fascia costiera e dei due siti lacustri allora esistenti, inoltre i premi versanti collinari tra il Sele e l’Alento non più manutenuti dagli abitanti si riempirono di una fitta sterpaglia di rovi e macchie interrotta solo dai corsi d’acqua che li attraversavano.

    Non c’era villaggio interposto tra le colline e i monti che non subirono i continui saccheggi degli agareni, ancora oggi vengono ricordati nelle leggende e tradizioni locali mentre a darne la conferma storica è l’anonimo salernitano a fornirla: … agmina Agarenorum in unum congregata, funditus, ut diximus, omnia denudabant, atque prius Agropolim morarunt, deinde per iuga montium degebant omniaque demoliebant.

    La stessa capitale del Principato, Salerno, viveva in un continuo stadio d’assedio, due documenti dell’882 ne danno il senso, nel primo si racconta del tentativo di una donna che doveva effettuare la vendita dei suoi beni ma non poteva alienarli senza la presenza dei suoi due figli, il primo era caduto prigioniero dei saraceni mentre il secondo che abitava a Nocera non poteva raggiungerla a causa dell’assedio (ur aberet duos fi/ios meos, unus predatus esseret a saraceni , alter bero non est ic, quia habitat in Nuceria et non poreo illum abere mundoaldus meus … pro quod non potuit ic benier pro ista generariones barbaras saracenorum, unde in cibitate iste salernitana circumclusi sumu).

    Il secondo documento esaminato dichiara di dover vendere i suoi beni per non morire di fame nella città assediata dai saraceni (.. ego mulier nomine Wiletruda filia Wineperti, quae uxor fui filii Ermenari, declarata sum quod a Saracenis sumus circumdati er a periculis famis nos perire cogitamus, er nichil habeo remedium qualiter bibere possam, nisi ipsam octabam portionem meam de rebus bindere volo … ut me a famis necessitas liberare possam).

    Ancora non contenti dei danni visibili diversi Signori locali chiesero l’intervento di bande saracene per aiutarli nelle loro dispute, uno di questi fu Docibile, duca di Gaeta, in contrasto con Pandemolfo di Capua, che li chiamò assoldandoli, questi accorsero navigando fino a S.Anastasia nei pressi di Fondi e dopo che ebbero effettuato la devastazione dell’area si accamparono sui colli di Formia (… misit Agropolim et Saracenos Ibi degentes adsciscens, primo conduxit eos marino itinere ad locum Fundanum, ubi Sancta Anastasia vocatur, et inde per fluvium ascendentes usque Fundis; Ibi, quasi de vagina gladius, scaphis egressi et cuncta in circuitu depopulantes, tandem Caietam per-veniunt et in formianis col/ibus sua castra componun Erchemperto).

    Inutile fu il successivo tentativo di Docibile di liberarsi degli scomodi alleati ma alla fine fu concesso agli agareni di stanziarsi sulla riva destra del Garigliano (… rursus tamen Saraceni in Gareliano ab eodem Docibile ad habitandum directi sunt, ubi per quadraginta fere annos degentes, innumera circumquaque mala gesserunt multuque Christicolarum sanguinem effuderunt) creando una colonia che per i successivi trent’anni fu l’incubo del litorale della terra di Lavoro, in questo periodo consolidarono le posizioni diventando di fatto i padroni del principato di Capua e del ducato di Gaeta lasciando ai longobardi il solo dominio sulle città dove si erano rinchiusi impotenti davanti all’irruenza araba.

    Fu solo l’intervento dei bizantini i normanni in genere che corsero in aiuto ai salernitani e a snidare la colonia del Garigliano costringendo gli arabi a ritornare al ribat di Agropoli nell’884.

    Intanto in Calabria i greci posero l’assedio alle colonie arabe di Tropea e Amantea e un contingente agropolese che era corso in loro aiuto venne sterminato (.. nutu a quo omne bonum procedit, quemdam agarenum de Africa evocans, regia de stirpe procreatum, Agropolim, inde ad Garelianum, in quo praesidebant, ad moenia israelitica misit atque i//orum mentem accendens hortatu, universos Saracenos tam de Gareliano quam de Agropoli, communiter in Calabriam, ubi residebat Graecorum exercitus super Saracenos in Sancta Severina commorantes, properarunt /bique omnes Graecorum gla-diis extincti sunti).

    Subito dopo i greci riconquistarono tutta la Calabria liberandola fino a Bussentum (che assunse il nome di Policastro) intanto sia Capua che Salerno furono assaltate dalle truppe assoldate dal vescovo Atanasio nelle quali militavano anche saraceni di Agropoli che come al solito si preoccupavano quasi esclusivamente di saccheggiare.

    Tra la l’autunno dell’884 e la primavera successiva le due città mantennero intatte le mura nonostante la stanchezza, l’arrivo di Guido II, duca di Spoleto, ebbe come solo risultato la liberazione di Capua mentre Salerno rimase ancora isolata finché non arrivò l’aiuto invocato dal principe Guaimario all’impero d’oriente retto da Leone e Alessandro.

    Nella Opulenta Salernum si insediò una guarnigione bizantina che fu indispensabile quando un forte esercito arabo si diresse verso la città, erano uniti in quel frangente sia gli uomini della colonia del Garigliano che quelli di Agropoli.

    Benchè la città ebbe un’ulteriore fortificazione lo scontro avvenne sulla strada di Nocera in località Pugna, le forze congiunte salernitano-bizantine travolsero gli avversari costringendoli a ripiegare nei campi trincerati di partenza.

    Altri episodi avvennero per il contrasto tra salernitani e saraceni di Agropoli.

    La fine del ribat del Garigliano avvenne nel 915 quando una coalizione invocata dal papa Giovanni X che comprendeva oltre ai principi longobardi e ai duchi campani anche il marchese di Spoleto e i bizantini investì la colonia assediandola e annientandola, il cronista contemporaneo Lupo Protospatario ne produce una scarna annotazione dove si esprime il sollievo per la liberazione dall’incubo (Exierunt, valente Dea, Agareni de Garegiano).

    La sola notizia della disfatta avvenuta con l’ausilio di una coalizione di tale portata costrinse i mussulmani di stanza ad Agropoli ad abbandonare la città frettolosamente, e per qualche anno sembrò che la minaccia fosse scongiurata, nelle mani arabe però era rimasta ancora la Sicilia.

    Un altro assalto alla città di Salerno venne compiuto dagli agareni nel 1001 ma fu un vano tentativo anche per la presenza tra le mura di un contingente di quaranta cavalieri normanni (probabilmente accompagnati da scudieri e propri servitori) di ritorno da Terrasanta inoltre nel 1015 e nel 1016 Capua ebbe due tentativi di assedio … civitas Salemi obsessa est a Saracems per mare et perterram.

    Da allora non vi furono più tentativi di conquista arabi ma fino al XIX secolo la pirateria saracena non ha mai smesso i insidiare le coste del meridione, fu solo l’avvento della dinastia dei Borbone a debellarla definitivamente portando la minaccia alle porte di Tunisi, fino ad oggi.

    
    
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