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il Vespro del Regno di Sicilia

    Roberto il Guiscardo

    Non è la prima volta che affermo che il Regno di Napoli ebbe solo due periodi di splendore, il primo va dalla sua fondazione a tutto il periodo normanno-svevo, il secondo è il periodo trascorso dall’avvento della dinastia borbonica, nel mezzo c’è solo disperazione.

    Purtroppo la mia non è un’opinione universalmente condivisa eppure è la nuda e cruda verità, per meglio capire analizziamo rapidamente tutto il periodo a partire dall’anno 1000 circa.

    Alle radici del Regno del sud Italia vi è il Principato di Salerno governato dalle dinastie degli ultimi longobardi della penisola che soccombe alle mire espansioniste dei conti normanni della famiglia Hauteville.

    Il gran conte Roberto il Guiscardo divide formalmente il territorio in contee gestite da esponenti della sua numerosa famiglia e il già fiorente Stato raggiunge l’apice quando ai territori vengono annessi la Puglia, la Calabria e la Sicilia oltre agli altri territori campani.

    Dopo la morte di Roberto il controllo passa nelle mani di Ruggiero che con un abile colpo di mano si fa incoronare re trasformando le varie unità in una sola identità statale, l’effetto nella vita dei regnicoli fu deflagrante, l’unione delle culture normanne, longobarde, greco-bizantine, ebraiche e arabe provocarono un contraccolpo positivo sia all’economia che alle arti, l’importanza della vita politica fu tale che Federico II, erede dell’ultima degli Altavilla, Costanza, preferì governare il suo vasto impero europeo proprio da questi luoghi.

    Ormai l’apice era stato raggiunto, inizia la fase discendente del regno di Sicilia, dapprima fu lenta e quasi impercettibile sotto gli altri regnanti della casa sveva, poi se ne avvidero le conseguenze già con il primo re della casa francese dei D’Angiò.

    Fino a Carlo I erano fiorenti in tutto il regno tutte le attività produttive ed agricole. I commerci marittimi e terrestri non vedevano alcuna crisi ma sotto la cenere covavano le braci di Marte.

    L’incendio si sviluppa nell’isola che fino a pochi anni prima aveva ospitato la capitale del regno e prende forma da un presunto oltraggio subito da una nobildonna siciliana da parte di un angioino a Palermo nel 1282, la realtà però è che i siciliani mal tolleravano i francesi e questa, diciamo, fu l’occasione d’oro per espellerli dall’isola e i baroni offrirono la corona dell’isola agli spagnoli di Aragona sancendo in tal modo la netta divisione del regno in due parti.

    Carlo I d’Angiò

    Detto così non rende perfettamente l’idea, per un periodo immensamente lungo sul territorio continentale furono combattute numerose battaglie e come campo di scontro si sceglievano solitamente le aree in campo aperto come le pianure provocando non pochi danni all’economia rurale del regno.

    A completare l’opera dei danni bisogna notare che gli eserciti che attraversavano i territori oltre ad arruolare di forza gli abili alle armi, si sentivano autorizzati a depredare quanto capitava davanti e lasciavano alle loro spalle solo cenere e morte, di fronte a questa prospettiva le popolazioni terrorizzate fuggivano verso le aree inaccessibili degli Appennini vivendo un’esistenza precaria sempre su una lama di rasoio.

    Le campagne del regno, dapprima brulicanti di vita e lavoro divennero lande isolate, le popolazioni ormai impossibilitate a produrre, venivano pesantemente tassate per finanziare le operazioni belliche vanificando così ogni prospettive di ripresa, non c’era più nulla da mangiare sulle tavole del regno, non c’era più la forza di lavorare nei campi, ormai si era alla disperazione.

    La prima fase delle Guerre del vespro si conclusero nel 1302 con la pace di Caltabellotta ma l’effettivo termine del conflitto che coinvolgeva l’intera Europa ma fu combattuta principalmente nel Regno di Sicilia fu nel 1372 col trattato di Avignone che vide sancita la divisione tra il Regno di Trinacria e il Regno di Sicilia anche se il primo era teoricamente vassallo dell’altro.

    Angioini ed aragonesi crearono due corti separate, Napoli e Palermo iniziarono un cammino parallelo che ancora oggi stenta ad avere un punto di confluenza.

    Novant’anni di guerre trasformarono profondamente il tessuto sociale ed economico del Regno di Sicilia, interi villaggi erano stati abbandonati o distrutti, i terreni devastati, gli armenti razziati, la popolazione ridotta ad un terzo e coperta di cenci, tutto l’antico splendore era solo un ricordo.

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