Skip to content

Picentia e Silarum tra agricoltura e industria (2)

    Quando l’orda scese in Africa, si aspettava di trovare straccioni e decrepiti genti, era partita per risollevare le sorti di un regno che i denigratori avevano descritto come un territorio sottoposto ad un regime crudele e servilista ma ebbe l’amara sorpresa di incontrare un popolo che sino ad allora era pacifico e laborioso.

    Già il “generale” aveva incontrato lungo la risalita dalla Calabria sentimenti contrastanti da parte del popolo ma i bersaglieri trovarono subito aree intensamente abitate e ricche di coltivazioni ed industrie, allora la bramosia di bottino diede loro più impulso.

    Chiaramente in uno Stato in via di sviluppo l’opera innovativa dei sovrani agiva a macchia di leopardo, interponeva a zone industriali aree che ancora on avevano avuto i benefici, ma in definitiva il Regno delle Due Sicilie poteva contare su diverse aree ad alta tecnologia come l’area di Pietrarsa, Castellammare di Stabia, Mongiana oltre ad una possente flotta mercantile e militare oltre a linee passeggeri dirette tra i vari porti del regno.

    Nel Principato Ultra erano molto attive le cotoniere di Von Willer si Salerno (1260 addetti in provincia più altri 3400 in altri due stabilimenti) e con lui altre aziende erano attive nel comprensorio rendendolo uno dei poli europei del cotone, inoltre non dimentichiamo le cartiere che nella costiera amalfitana producevano carte di pregio usando le forti cadute d’acqua dei Monti Lattari che inoltre ospitavano ferriere e pastifici.

    Altri pastifici erano localizzati nella Valle dell’Irno dove molto attiva era l’attività conciaria e laniera.

    Vetri di pregio, ceramica e fusione di campane in bronzo erano in funzione nella zona Vietrese.

    Altre attività cartarie di pregio erano attive ad Acerno, Oliveto e Olevano dove l’ultima è resistita fino a qualche decina d’anni fa.

    [wpedon id=”8864″ align=”left”]

    Si è accennato ai pastifici di Amalfi ma non bisogna dimenticare quelli di Salerno, Nocera, Roccapiemonte che inviavano i loro prodotti fino negli Stati Uniti, il Principato Ultra produceva inoltre cremore di tartaro, ramiere cererie rinomate. Ad Eboli si contavano ben quattro stabilimenti industriali medi altre nella zona di Giffoni, Montecorvino.

    In definitiva nel 1866 il principato Ultra era attivo in 25 diverse tipologie industriali con 287 capitani d’industria e molti di essi aveva più di un opificio in attivo.

    Ma con l’avvento del nuovo regime già dal 1863 iniziava lo stato repressivo delle leggi sabaude, un decreto dell’11 Novenbre veniva imposta una nuova tassa sulle attività produttive della provincia di Salerno, una successiva legge giungeva in capo a due anni con un’aggravio maggiore per l’economia anche a seguito di una delibera della Camera di Commercio di Salerno.

    Potrebbe anche essere a causa di ritorsioni da parte di filatori del nord che all’Esposizione Italiana di Firende del 1861 si videro surclassati dai meridionali ed in particolar modo da Von Willer che contava ben 36,896 fusi solo nello stabilimento di Salerno per la produzione di ben 1,979,803 Kg di filo di cotone per un valore di 4,200,000 lire/oro, altro premio andò a Wenner a tessitura meccanica che impegnava ben 1798 operai ad Angri. Numeri di tutto rispetto per quei tempi, le attrezzature e le macchine erano all’avanguardia ed erano mosse con turbine a vapore con potenza da 70 a 90 cavalli.

    Molto attivi anche i fusi per il lino con macchine a vapore costruite all’interno stesso degli stabilimenti di filatura.

    Questo quadro roseo comincia a scurirsi già con il contrasto tra piemontesi e lealisti, poi le imposizioni fiscali, l’emigrazione, la repressione e la coscrizione obbligatoria completarono l’opera di disfacimento della struttura, in capo a qualche decennio tutte le attività tessili vennero smantellate e trasferite nei comprensori vincentini, pratesi e comaschi, le ferriere non ricevevano più materia prima dalle miniere, le cartiere chiusero e i pastifici chiusero uno dopo l’altro.

    A resistere furono le industrie conserviere forti della produzione agricola intensiva e della tradizione di qualità eccellente del prodotto.

    La prima guerra mondiale anche se non portò distruzioni al territorio ne minò alla base la struttura, la seconda invece dopo un paio di settimane di intensi combattimenti demolì in modo definitivo la struttura industriale preesistente.

    La popolazione al termine, con le briciole che Roma passava col Piano Marshall, ricostruì in modo rapido sia le case che nuove attività industriali sempre basate sul conserviero e fino al 1969 si riuscì a crescere con i pochi apporti dello Stato e con tanta determinazione, ma la chiusura di alcuni stabilimenti portarono all’esasperazione le genti della Piana del Sele e a Battipaglia (città fortemente voluta da Ferdinando II) si ebbe una vera e propria sollevazione contro lo Stato, la città venne posta sotto assedio e vi furono 2 vittime e decine di feriti.

    Oggi la provincia di Salerno vive sul filo di un rasoio, politiche scellerate hanno trasformato l’intero meridione d’Italia in una condizione di subalternità al limite della sollevazione.

    La stanchezza e il livello di sopportazione del Sud ha raggiunto il limite massimo, la mia speranza è che il governo si renda conto del baratro in cui sta spingendo il Paese, la Nazione Napolitana, parte di questa struttura sta per scoppiare.

    Speriamo di no.

    / 5
    Grazie per aver votato!

    Lascia un commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

    Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

    error: Content is protected !!