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I ponti del Diavolo

    Una leggenda narra di un pellegrino greco di nome Pontus si fermò nella città di Salerno e trovò rifugio per la notte sotto gli archi dell’antico acquedotto dell’Arce.

    Scoppiò un temporale ed un altro viandante malandato si riparò nello stesso luogo, si trattava del latino Salernus; costui era ferito ed il greco, dapprima sospettoso, si avvicinò per osservare da vicino le medicazioni che il latino praticava alla sua ferita.

    Nel frattempo erano giunti altri due viandanti, l’ebreo Helinus e l’arabo Abdela. Anche essi si dimostrarono interessati alla ferita ed alla fine si scoprì che tutti e quattro si occupavano di medicina.

    Decisero allora di creare un sodalizio e di dare vita ad una scuola dove le loro conoscenze potessero essere raccolte e divulgate.

    Le leggende nascono quando non si hanno notizie certe e per quanto riguarda la fondazione della Scuola Medica Salernitana risale all’Alto Medioevo e non vi è nessun documento che possa certificare con precisione una data di riferimento.

    La tradizione tuttavia lega la nascita della scuola all’evento narrato da questa leggenda, il fatale incontro tra i quattro medici avrebbe gettato le fondamenta dell’antica scuola salernitana.

    I medici medioevali univano le arti alchimiste a quelle omeopatiche passando per la chirurgia e la pratica salutistica e il luogo dell’incontro non è casuale, gli archi di Via Arce sono denominati “i ponti del diavolo” e sono una parte dell’acquedotto del IX secolo che la tradizione attribuiscono a Pietro Barlario, mago salernitano che in una sola notte lo edificò con l’aiuto dei diavoli, e, dato che in una notte non ci riuscirono, all’alba terrorizzati fuggirono lanciando i massi rimasti in mare da cui nacquero gli isolotti Delli Galli.

    Gli occhi del popolino salernitano avevano tutte le ragioni ad immaginare che quella struttura fosse stata elevata dai diavoli, oggi la visuale di questi archi da le vertigini ma immaginate che al di sotto del piano stradale scorreva libero a suo tempo il torrente Rafastia oggi incanalato in condotte sotterranee e quindi si aveva una visione terrificante di tutta la struttura.

    Ancora all’inizio del ‘900 l’area era priva di abitazioni anche per la superstizione che nel corso delle ore notturne tra gli archi c’era il rischio di incontrare i diavoli costruttori ma in vero era che l’area era impervia e il torrente Rafastia che scorreva nel fondo impediva qualsiasi progetto.

    Una particolarità dei ponti è l’utilizzo degli archi ogivali, una novità architettonica che dava l’idea dell’equilibrio diabolico della costruzione, il tipo di architettura verrà in seguito utilizzata per altre strutture.

    I quattro presunti fondatori della “Scuola Medica Salernitana”, la più antica istituzione medica universitaria sono anch’essi parte di una leggenda, infatti nella città, potenza militare ed economica del tempo, convivevano pacifiche varie etnie e i quattro medici (un latino, un greco, un arabo e un ebreo) non sono altro che l’allegoria della fusione delle quattro culture intelligenze predominanti.

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    Già da qualche secolo infatti nella città si era sviluppata l’arte medicale ma essa veniva trasmessa in modo “artigianale”, la necessità di apporre un freno all’approssimazione diede l’impulso di riunire le esperienze in una struttura accademica che poi divenne il polo della conoscenza in tutta l’area mediterranea ed europea.

    E’ certo che già dal secolo VIII, ai tempi del Principe Arechi II la città era all’avanguardia per la cultura giuridica e medicale ma la presenza a Salerno di Adalberone di Laon nel 984 per cure fa intendere che la fama dei dottori sia giunta in lande lontane.

    l’”Hippocratica Civitas Salerni” continua la sua opera istituzionale fino all’inizio dell’800 quando Gioacchino Murat ne decretò la chiusura ma resistette fino al 1861 quando un irresoluto Francesco De Sanctis, ministro del Regno d’Italia decapitò il restante istituto che si era rifugiato nel Convitto nazionale Tasso.

    Non dobbiamo dimenticare inoltre che Salerno è stata la città che offrì la prima cattedra di medicina ad una donna, Trotula De Ruggero, prima donna al mondo a laurearsi in medicina proprio a Salerno

    Vorrei tornare però a raccontarvi del costruttore dei “ponti”, Pietro Barliario, che a seguito dello scherzo fatto ai diavoli ebbe a trovare morti i suoi due figli all’interno del suo laboratorio probabilmente per aver ingerito qualche sostanza velenosa.

    Il dolore e la disperazione colsero il medico-mago, affranto e distrutto si trascinò nella chiesa di San Benedetto dove vestito di stracci si gettò ai piedi del Crocifisso dipinto sopra l’altare. Tre giorni e Tre notti di suppliche, pianti, urla presero il povero Pietro che il Crocifisso, ormai straziato dallo stato dell’uomo solleva la testa, aprì gli occhi e gli concesse il perdono. Pietro Barliario entra così stabilmente nel monastero fino alla fine dei suoi giorni che la tradizione vuole che sia avvenuta all’età di 93 anni il giorno del Venerdì Santo.

    Il Miracolo del Crocifisso indusse molti pellegrini a recarsi nella Chiesa di San Benedetto e con loro mercanti ed artigiani affollavano le strade della città. Oggi la Chiesa di San Benedetto non esiste più come le salme di Pietro Barliario e di sua moglie ivi sepolte ma resta comunque la tradizione che nei venerdì di Quaresima a Salerno si festeggi ancora il Crocifisso e l’evento ancora oggi porta nella città artigiani e mercanti a proporre i loro prodotti in quei giorni.

    L’Hippocratica Civitas Salerni getta continuamente un ponte sul suo passato ma, coraggiosamente tende il passo verso il futuro, Salerno è una delle città italiane dove la vivibilità è al top e il suo nome, al pari di quello di Napoli è sinonimo di vivacità di una terra mai domata.

     

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