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Salerno (2)

    Nella prima parte ho seguito rapidamente le sorti di Salerno fino alla trasformazione dei ducati normanni in regno di Sicilia, nei secoli successivi la città perse man mano importanza ma il titolo di Principe di Salerno restò un blasone di cui fregiarsi fino all’avvento del Regno d’Italia nel 1860.

    Sul trono napoletano si avvicendarono dinastie rapaci che fino all’avvento del borbonico Carlo dissanguò le popolazioni di quello che divenne poi il Principato Citra.

     

    Il titolo di Principe di Salerno passò di mano in mano a potenti famiglie nobiliari del regno ma era circoscritto alla sola municipalità salernitana, nel resto degli antichi territori si instaurarono feudi governati da nobili ed ecclesiastici che spadroneggiavano dall’alto dei loro castelli e palazzi usando il territorio da amministrare con leggi e leggine costruite ad personam atte a favorire la propria cupidigia.

    I feudi venivano acquistati, venduti o scambiati di continuo mentre al popolo venivano distribuite le briciole che cadevano dalla tavola dei signorotti.

    I primo a far mollare le redini del potere dei nobili fu Carlo III di Borbone che richiamò alla corte napoletana i nobili per poterli meglio controllare e ingentilire, seguì poi l’interregno francese con Murat che nel 1805 decretò la fine di quello che restava del feudalesimo e il rientro dei Borbone a Napoli non modificò affatto il nuovo stato sociale.

    Restava da abbattere le barriere fondiarie dei latifondisti e da operare le bonifiche dei terreni paludosi.

    Sulle prime c’era una fortissima resistenza da parte di nobili e imprenditori agrari che condusse alla fine del regno mentre le seconde erano iniziate di buona lena, i territori del Diano erano ormai sanati e si stava operando su quelli del Tusciano quando cadde la dinastia e di conseguenza il blocco dei lavori ripresi poi durante il ventennio fascista, i latifondisti comunque tennero salde le mani nel potere economico per molti anni ancora.

    La città di Salerno nel frattempo perse la Scuola Medica soppressa da Murat insieme ad altre istituzioni religiose e civili, il porto aveva già subito il tracollo, c’è stato un periodo durante il rinascimento che l’intero bacino portuale era ridotto ad un arenile inaccessibile alle navi e solo dopo la partenza degli spagnoli venne ripristinato per imbarcazioni di medio cabotaggio.

    Durante il periodo di insabbiamento del porto vennero usati gli approdi di Foce Sele e Agropoli dai quali oltre alle merci da e per Salerno s’imbarcavano prodotti cilentani, lucani e legni dai boschi della piana e degli Alburni.

    Il discorrere della storia di Salerno non è lontano dai propositi del blog ma integra con il rapporto continuo dell’area tra il Tusciano e il Sele con il resto di quello che venne chiamato Principato Citra e ora Provincia di Salerno.

    È questo un legame indissolubile che da secoli lega la città di Salerno con la Piana del Sele, i Picentini, Cilento e Lucania, territori che solo a prima vista portano differenze ma che di fatto sono uniti e amalgamati in un unica entità culturale

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