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Cade un Principe nasce un regno

    Salerno, è una delle città più belle al mondo e la bramosia di possederla ha fatto sì che sia stata da sempre contesa fino al punto di assegnarle probabilmente la palma d’oro degli assedi.

    In oltre duemila anni di storia questa città ha visto ogni forma di tentativo di violazione della sua cinta muraria, a volte riuscite altre invece destinate ad essere infrante.

    I contrafforti della città hanno fermato i tentativi saraceni di penetrare a fondo nel cuore dell’Europa ma non hanno impedito che dalla sua caduta nascesse il regno che per 800 anni ha governato il meridione d’Italia.

    Questo accadde a cavallo tra il 1076 e il 1077 quando a governare la città e il Principato era Gisulfo II.

    Ma andiamo per ordine, qualche anno prima il Principe di Salerno, Guaimario IV, aveva reso la Repubblica Marinara di Amalfi sua vassalla infrangendo la secolare indipendenza del ducato.

    Ovviamente gli amalfitani mal digerirono l’evento e, in combutta coi cognati del Principe, lo trucidarono nei pressi del porto di Salerno.

    A guida del principato fu insediato Pandolfo (terzo della serie), personaggio mal digerito dal fratello dell’ucciso, tal Guido da Sorrento, che chiese aiuto ai normanni della dinastia degli Hauteville in quanto Pandolfo era in ottimi rapporti con l’altra famiglia, i Drengot di Capua.

    Salerno, per non perdere l’abitudine, subì l’assedio da parte di Umfredo e non potè far altro che capitolare e restituire il Soglio Principesco alla famiglia di Guaimario nella persona del figlio Gisulfo II.

    Tra gli accordi della capitolazione tra Guido e Pandolfo era inclusa la clausola della vita ma fu commesso l”errore di non includere alla stesura dell’accordo i cavalieri normanni che non esitarono a fare giustizia dell’assassinio di Gisulfo, ad ogni congiurato vennero inferte lo stesso numero di pugnalate subite dal Principe assassinato.

    Ovviamente l’aiuto normanno non era disinteressato, a loro erano stati promessi vari territori e a Roberto la mano di Sichelgaita, sorella del Principe, ma il nuovo padrone di Salerno tentennò nel rispettare i patti cosicchè Roberto prese Sichegaita e la condusse all’Altare a Melfi, Guglielmo invece, partendo con la conquista del Castello di San Nicandro, eresse una buona parte dell’attuale provincia di Salerno a suo dominio con la creazione della Contea di Principato, Amalfi si distaccò definitivamente dal dominio dei longobardi.

    A Gisulfo, oltre alla città di Salerno restava il controllo di ben pochi territori ed al porto non ormeggiarono più navigli commerciali.

    Roberto però aveva preso in moglie la principessa Sichelgaita senza che questa avesse potuto fornigli una dote, in tutta risposta decise che che egli stesso avrebbe fornito alla moglie una dote congrua al suo lignaggio: una reggia nel luogo che lei stessa amava, Salerno.

    Fu così che con l’aiuto dei fratelli rispose ad una richiesta degli amalfitani che gli promisero la guida del Ducato se dava loro manforte a punire Gisulfo e cosicchè fu nuovamente posta sotto assedio la capitale del Principato, per sei lunghi mesi, tra il 1076 e il 1077, Salerno subì un nuovo assedio, tra i più duri che la sua storia ricordi.

    Poco oltre le mura vennero installate macchine da guerra che martellavano di continuo le mura della città mentre al suo interno la popolazione venne indotta a nutrirsi di cani, gatti e topi pur di mettere qualcosa nello stomaco.

    La pratica di assedio normanna prevedeva l’impiego di maglie larghe intorno alla cinta cittadina in modo che gli assedianti avessero la possibilità di muoversi a piacimento mentre per gli assediati era impossibile attraversare le linee, non restava che il versante marino, ma anche questo venne precluso ai salernitani mediante l’utilizzo della flotta amalfitana che chiudeva lo specchio d’acqua antistante la città.

    Intervennero a mediare sia il papa Gregorio VII che l’Abate di Montecassino Desiderio che avevano a cuore la sorte del principe salernitano, ma egli non si degnò in alcun modo di rispondere al loro invito.

    Gisulfo perdette nell’assedio anche vari altri alleati tra i quali il nipote del Guiscardo, Becelardo, che vista la mal parata decise di lasciare Salerno per rifugiarsi a Santa Severina in Calabria (questo non gli valse il perdono dello zio che dopo aver preso Salerno lo punì in modo severo).

    Le macchine d’assedio infransero in vari punti le mura della città triangolare e i cittadini, stanchi e affamati, decisero di aprire le porte al normanno che entrò con tutto il suo esercito.

    Chi invece non volle arrendersi fu il Principe, egli si asserragliò in quello che conosciamo come il Castello d’Arechi che fu prontamente e violentemente attaccato e conquistato.

    Roberto permise al cognato di lasciare per sempre la città e, in prossimità delle mure orientali, erresse un nuovo castello quale tributo alla bellissima consorte, fu questo il luogo dove riunì la sua corte per farlo diventare il centro del potere del Ducato di Puglia e Calabria ed embrione del regno che il suo discendente governerà: Castel Terracena.

    Fonti bibliografiche:

    Storia delle repubbliche italiane de’ secoli di mezzo Di Sismondi – 1838

    Storia civile del Regno di Napoli di Pietro Giannone – 1836

    Annali d’Italia ed altre opere varie: 3: Dall’anno 998 all’anno 1357 Di Lodovico Antonio Muratori – 1838

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