Skip to content

Cilento …..

    A volte mi si chiede il perché del mio affetto per il Cilento e la Lucania, a dire il vero una risposta semplice non è possibile attribuirla per via del mille e più aspetti diversi di queste terre.

    Se fossi un buddista potrei affermare che nelle mie passate incarnazioni il mio corpo abbia attraversato il lungo e il largo queste lande ma la ragione invece mi trascina il pensiero al profondo legame che da sempre mi lega all’amata terra natia.

    Desidero volgere lo sguardo al passato e voglio sorvolarlo in modo veloce per questa volta per cercare di comprendere i mali antichi o le antiche virtù che l’affliggono.

    A partire dagli insediamenti protostorici fino alle ultime vicende su quest’area si sono succedute numerose dominazioni a segno dell’ambita voglia di possederne la terra che spontaneamente risulta ricco dei doni che la natura ha tenuto ad offrigli.

    Per fare solo un piccolo elenco dei prodotti e delle risorse che gli antichi hanno tratto dalle nostre terre cilentane, troviamo soprattutto olio e vino, ma anche sale, grano, ceci, ortaggi, zucche, cetrioli, cavoli, broccoli, fiori, rose, cosmetici, unguenti, fichi, frutta, legno, erbe medicinali; bovini, ovini, caprini, suini, carni fresche e salate, lardo, lucaniche o salsicce stagionate, cuoio, latte, formaggi, miele; pesci di scoglio freschi, pesci salati, tonni, salsa di pesce detta “garum”, ricci di mare, polpi, ostriche. In epoca moderna, si aggiunsero sparto, canapa, lino, seta, mozzarelle e formaggi di bulafa. Questi prodotti, tramite i numerosi porti lungo la costa, erano facilmente condotti nelle grandi città e nei mercati regionali e mediterranei.

    Certo, le tante risorse del territorio non potevano essere sviluppate se non ci fossero state la laboriosità e l’inventiva degli abitatori, qualità riconosciute ovunque (fuorchè in patria, matrigna irriconoscente), da qui quindi si ebbe una diffusa ricchezza che permise la costruzione di città, templi, chiese, castelli, monasteri, palazzi, e di costituire a poco a poco il patrimonio oggi rappresentato dall’insieme dei beni culturali del Cilento.

    [wpedon id=”8864″ align=”left”]

    Il nome “Cilento” è sicuramente di origine antica, probabilmente furono gli etruschi a denominarlo ma nelle scritture appare solo nel medioevo, prima di quel tempo il territorio che parte dalla riva sinistra del Sele fino alla valle del Noce veniva denominato Lucania dal nome del popolo che ne occupava il suolo.

    Gli etruschi apparvero sull’area agli inizi del primo millennio a.C., la loro presenza è documenta da insediamenti sulla riva destra del Sele e nel Diano e, non esistendo vere e proprie frontiere, convivevano con i coloni greci che si insediarono nell’area.

    Quest’ultimi verso la fine del VII secolo fondarono Poseidonia e a seguire Elea, Pixous (per capirsi Paestum, Velia e Bussento). Delle prime due si conosce perfettamente il decorso storico, di Pixous invece si sa solo che venne abbandonata.

    Mentre Poseidonia gestiva l’ampio territorio in suo possesso, Elea si occupava del commercio marittimo, la sinergia delle due città permise uno sviluppo armonico dell’area, il vino, l’olio e le rose pestane erano tra i prodotti che maggiormente venivano diffusi nelle aree mediterranee grazie alla possente flotta commerciale eleatica onnipresente nei porti.

    Si ebbe la fusione inoltre con i Leukanòi (Popolo della Leuka-Leukosìa) che assunsero il controllo della Megale Posidonia e quando quest’ultimi assunsero il controllo della città la situazione non cambiò di molto.

    Una forte modificazione avvenne invece con l’avvento romano che detronizzò in maniera estrema i greco-lucani sovrapponendo alla città di Peseidonia la colonia di Paestum mentre Elea ebbe sostituito solo il nome in Velia in quanto alleata di Roma nella questione con Taranto e Pirro.

    Amministrativamente appartenevano alla III regione augustea, la Lucania-Bruzia che si estese da Salerno fino a Reggio, nacquero nuove città come Volcei, Atina, Tegianum, Consilinum e, a dire delle antiche fonti, era ottima e ricca di prodotti di ogni genere, si svilupparono numerosissime le “ville” e i porti tra i quali quello di Paestum, San Marco di Castellabate, Velia, Policastro e Sapri, la ricchezza si sviluppò principalmente con la cultira della vite e dell’olivo, si affiancarono gli allevamenti di ovini, caprini, bovini e suinidi con annesse industrie di trasformazione.

    Era ovvio che le ricchezze cadevano in mano prevalente dei latifondisti, quindi gli ex schiavi e i contadini avendo carenza di denaro erano costretti a pagare i tributo con i prodotti del territorio.

    La caduta dell’Impero Romano vide l’ingresso nell’area di diverse dominazioni come Goti, Bizantini, Longobardi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi.

    Un colpo avverso per la Lucania-Cilento fu la guerra greco-gotica (535-553) che avvide l’area devastata con un forte calo della popolazione essendo sulla linea di confine degli schieramenti, anche gli anni successivi non permisero una stabilizzazione dell’area a causa di eventi naturali (maremoti, terremoti, alluvioni) e delle incursioni di saraceni che tra l’altro occuparono Agropoli per un certo periodo.

    Si costruirono allora villaggi sulla cima delle colline, vennero eretti castelli e torri a difesa, si instaurò un sistema feudale che permise un certo sviluppo finché non si raggiunse il periodo del viceregno spagnolo il quale attinse le risorse fino a impoverire il territorio, non da meno furono gli Asburgo.

    Una nuova vitalità l’assunse il territorio durante il regno dei Borbone di Napoli, vi furono si sommosse e ribellioni ma il Cilento visse in quegli anni un progressivo sviluppo sociale ed economico.

    La caduta si ebbe immediatamente all’indomani dell’unità, le popolazioni cilentani dapprima risposero con una forte opposizione armata e poi si diedero all’emigrazione.

    Un’ultimo rigurgito di sviluppo avvenne a cavallo tra le due guerre mondiali ma con l’avvento della Repubblica tutto il territorio è venuto meno allo sviluppo per la preferenza politica di aree maggiormente a contatto con il nord Europa mentre un nuovo flusso emigrativo ha dissanguato il territorio cilentano e lucano. Un barlume di speranza venne dall’istituzione del Parco Nazionale, solo un barlume ……

    / 5
    Grazie per aver votato!

    Lascia un commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

    Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

    error: Content is protected !!