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il Garum, tesoro dimenticato

    Una delle certezze sugli usi alimentari degli antichi romani è che erano ghiotti di un condimento denominato garum di cui si sa che era un liquido che si otteneva con la macerazione non fermentata di piccoli pesci.
    Innumerevoli sono i riferimenti a questa salsa o condimento ma la certezza del metodo di preparazione resta ancora un mistero, è probabile che con tale nome però si nasconda un’intera famiglia di preparazioni che alla base includevano pesci, sale ed erbe aromatiche.
    Neppure Apicio, il grande gastronomo del I secolo ne riporta la composizione, eppure nelle sue ricette il garum compare frequentemente, su di un ingrediente di base sia Plinio che Strabone sono concordi, l’utilizzo dello sgombro era essenziale, per citare il secondo ad esempio egli afferma che “Vi è poi l’isola di Ercole appena dietro Cartagine, che è detta Sgombraria per la cattura degli sgombri, dai quali si ricava il garum migliore…” (Εἶθ’ἡ τοῦ ῾Ηρακλέους νῆσος ἤδη πρὸς Καρκηδόνι, ἢν καλοῦσι Σκομβραρῖαν ἀπὸ τῶν ἁλισκομένων σκόμβρων, ἐξ ὧν τὸ ἄριστον γάρον…) nel III libro di Geografia. Gargillo Marziale invece un paio di secoli dopo da una ricetta alquanto particolare di garum detto oenogarum (Confectio liquaminis quod oenogarum vocant).
    Di fatto a 20 secoli di distanza non siamo in grado di riprodurre questo condimento, in rete compaiono numerosi tentativi culinari di preparazione, in uno si consiglia addirittura di prepararlo lontano dal luogo ove si vive per un felice esito matrimoniale (immagino l’odore che ne dovrebbe scaturire).
    La probabilità che il garum sia una famiglia di condimenti è data anche dalla diversa locazione dei migliori produttori dell’epoca e una lista di queste località ce la fornisce Plinio nel I secolo (Oggi il garum più pregiato si ottiene dallo sgombro negli allevamenti di Cartagine Spartaria: è chiamato ”garum dei Soci, con mille sesterzi se ne comprano quasi due congi. Nessun liquido, ad eccezione dei profumi, inizia ad avere prezzo maggiore, anche tra i popoli di un certo rango. Anche la Mauretania e la Carteia della Betica catturano gli sgombri che provengono dall’Oceano, e che non sono utili ad altro. Sono celebri per il garum anche Clazomene, Pompei e Leptis: così come per la salamoia (muria) Antipoli e Turi, e in verità anche la Dalmazia).
    Strabone dalla sua ci da un’altra locazione di produttori di garum che ne fa attestare un uso più antico rispetto a quello romano, la località è Elea, che non era solo sede della rinomata scuola eleatica ma bensì un fiorente emporio con una poderosa flotta mercantile che copriva l’intero bacino mediterraneo (gli Eleati sono costretti dalla sterilità della terra ad esercitare prevalentemente l’attività marinara e a praticare la salatura del pesce ed altri simili mestieri -Strabone, VI, 1, 1).

    Gli eleati tra l’altro svolgevano anche un’attività di salagione del pescato a livello industriale e il prodotto di punta era il garum con le sue varianti (gari flos e liquanem) e per il suo uso se ne consigliava l’impiego solo di qualche goccia, una piccola quantità per una grande resa.
    Onestamente le ricette trovate farebbero somigliare questo prodotto ad un alimento putrido e disgustoso di pesci in decomposizione ma probabilmente è un errore affermarlo, sembrerebbe invece che sia la derivazione della fermentazione lattica con una concentrazione salina elevata (intorno al 20-30%) che sfrutta il processo naturale di fermentazione idoneo a far intervenire i lattobacilli (come nello yogurt per esempio) conferendo al risultato gusto e aroma particolare.
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    Questo prodotto nasce probabilmente dall’esigenza delle popolazioni costiere di conservare le eccedenze di pescato per poterle utilizzare nei periodi successivi e magari anche di intraprendere con esse un proficuo commercio con le popolazioni delle aree interne, la salagione del pesce preserva le caratteristiche basilari del prodotto con tutte le proteine, oligoelementi e vitamine e in più viene arrestato il processo di putrefazione e bloccato l’ingresso di agenti patogeni nel prodotto stesso.
    Quindi appare anche evidente che il garum non è altro che un sottoprodotto delle attività di conservazione ittica, un tesoro ricco di sostanze nutritive e sapore tale da essere utilizzato nelle mense dell’antica Roma come un ospite di riguardo.
    Eppure la capacità degli eleati di produrre prodotti simili non si è dispersa nella storia, ancora oggi, per nostra fortuna, un prodotto simile al garum sopravvive e viene consumato anche se non come allora.
    Stiamo parlando della colatura di alici, un sottoprodotto ottenuto dalla salagione delle stese in barili di legno, il succo che ne deriva, ricco di proteine, sale vitamine e oligoelementi viene raccolto in piccoli dosatori e centellinato come condimento sui pasta, verdure e preparazioni di pesce mentre le alici salate restano sempre un valido alimento sempre disponibile sulle nostre tavole e nella nostra tradizione mediterranea.

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