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Il ricordo in frittata

    Tunisi, 4 luglio 1535, Khair al Din guarda sconfortato il campo di battaglia, l’ammiraglio ottomano conosciuto come il Barbarossa china la testa e volta il cavallo e con i suoi fedelissimi inizia il suo galoppo alla volta di Algeri lasciando alle sue spalle una distesa di corpi smembrati segno della sua disfatta.

    A festeggiare la vittoria quella sera fu Carlo V d’Asburgo, una delle figure più imponeneti di quel secolo, vestiva la corona di Spagna e d’Italia, era l’Arciduca d’Austria e Imperatore del Sacro Romano Impero nonché signore delle terre d’oltreoceano e di vari possedimenti in Asia e Africa, di lui si disse che suo regno non tramontasse mai il sole.

    Carlo dopo un brevissimo riposo si reimbarca con le truppe alla volta di Reggio dove viene accolto e acclamato, risalendo la penisola riceveva lo stesso trattamento ovunque passasse e ai suoi soldati non mancò il sostentamento per affrontare la marcia in lietezza.

    Il 10 agosto varca l’ultimo passo calabro ed entra nell’area del Lago di Diano dove prospera una comunità religiosa che vive immersa nel lavoro e nella preghiera, è la Certosa di San Lorenzo a Padula nel Principato Citeriore.

    Anche qui viene accolto dai monaci con tutti gli onori, inoltre propongono al re di unirsi a loro per qualche giorno nella preghiera e nella meditazione, la proposta piacque a Carlo che però limito solo due i giorni e impose a tutto il suo esercito il rispetto della regola monacale di non mangiare carne.

    L’imperatore inoltre rifiutò qualsiasi comodità offertagli dai monaci preferendo dormire in una celletta con l’unico privilegio della sostituzione del materasso e delle lenzuola.

    I monaci si fecero carico di rifocillare l’intero esercito accampato nel pianoro con le risorse della Certosa fornendo loro una “pantagruelica imbandigione” per rinforzare le membra stanche della truppa.

    [wpedon id=”8864″ align=”left”]Una delle portate sarebbe di diritto entrata nel Guinnes dei primati, si trattava di un’enorme frittata costituita da 1000 uova preparata nella grande cucina certosina.

    La sola vista di quell’enorme disco giallo entusiasmò ulteriormente lo spirito di Carlo che al momento di partire volle concedere alla comunità ulteriori privilegi.

    La frittata non restò solo un ricordo, ogni anno Padula sacrifica 1000 uova per far si che la memoria non sia posta in oblio.

    Memoria, tradizioni, identità parole che sembrano vuote ma che tutte le comunità si affannano a tenere in vita perché c’è la consapevolezza di essere popolo.

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