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La “falsa” patente del Guiscardo

    Dopo un po di tempo ritorno a immergermi nelle nebbie dell’alto medioevo alla ricerca di indizi che possano darmi ancora informazioni in merito all’età della Castelluccia e del territorio circostante.

    Come al solito mi avvalgo di fonti e in taluni casi estrapolo da saggi pubblicati da eminenti ricercatori passi che possano nascondere dati interessanti.

    Leggendo proprio uno di questi saggi, in particolare quello del prof. Alessandro Di Muro ho notato un particolare che immediatamente mi è saltato all’occhio accendendo nella mia memoria un lumicino.

    Premetto che è già un po di tempo che sono convinto che la patente di Roberto il Guiscardo del 1080 relativa al Castelluccio di Battipaglia sia fondata su presupposti “truffaldini” da parte della curia salernitana, cioè che l’affermazione di conferma sia basata su affermazioni di proprietà improprie.

    Ritornando al saggio del prof. Di Muro (Potere e incastellamento nelle terre della Langobardia minor: il progetto castrum Olibani) tratto da Archeologia medievale (Ed. All’insegna del giglio – 2004), si nota che nel 958 il principe salernitano Gusulfo I dona al vescovo di Salerno Pietro V un vasto territorio del Locus Tusciani compreso tra il fiume, il torrente Trausi, Licignano e le cime dei picentini al di sopra di Salitto.

    Con il nome Locus Tusciani era identificato tutto il territorio compreso tra la foce del fiume e le cime predette, quindi i territorio boschivi della piana, le prime propaggini delle colline (Battipaglia inclusa) e il territorio oggetto della donazione al vescovo.

    Posso supporre che con questo atto il principe abbia voluto mantenere sotto il suo controllo la parte meridionale del locus che altro non era che l’orto di Salerno stessa ovvero il territorio che forniva alla capitale buona parte del vettovagliamento.

    Nel 1018 e nel 1023 il principe Guaimario III conferma il possesso dei territori del locus sotto il controllo di Olibani al castrum stesso.

    Con la caduta del principato nel 1077 e l’avvento del gran conte Roberto il Guiscardo monta la paura di Alfano I, arcivescovo di Salerno, che preme verso il nuovo signore della città al fine di farsi riconfermare i beni donati alla diocesi dal precedente regime.

    La furbizia dell’arcivescovo probabilmente giunse fino all’affermazione che tutto il territorio del Locus Tusciano abbia avuto lo stesso destino, cioè quello di passare sotto il controllo della curia nel secolo precedente e quindi far elencare tutti i pagi del locus, e quindi anche la Castelluccia di Battipaglia, nella patente confermativa del 1080.

    Esempi del genere non sono nuovi, resta famoso l’atto con cui Asclettino da Sicignano e sua moglie Sichelgaita donano alla Badia di Cava il monastero di San Pietro al Tanagro nel 1086 (Carmine Carloni – Falsificazioni e falsari cavensi e verginiani del secolo XIII, 1984 – Edizioni Studi Storici meridionali).

    Nel nostro caso suppongo invece che sia stata errata la lettura dell’atto di donazione all’atto della patente di conferma di Roberto il Guiscardo e che abbia incluso nello stesso la Castelluccia e Cripta Maris estendendo in tal modo il territorio controllato dalla curia a tutto il demanio compreso tra il mare e lo spartiacque picentino.

    Ma era così importante prendere possesso della parte occidentale del locus?

    Credo proprio di si giacchè era intensamente popolato e coltivato come si evidenzia del Cronicon dell’Anonimo Salernitano quando afferma che duemila tuscianensi operarono alla costruzione delle difese orientali di Salerno nell’870.

    L’azione di fatto ha determinato il rigoglioso futuro dello stesso Locus Tusciani per i secoli a venire fino alle Guerre del Vespro che ne videro il declino.

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    2 thoughts on “La “falsa” patente del Guiscardo”

    1. Alla luce dei recenti ritrovamenti dei resti di terme tra la torre del Tusciano e l’azienda Valsecchi è possibile che il nome cryptas maris (grotte del mare) volesse alludere ai resti delle terme ancora visibili e che da lontano sembravano delle grotte? altrimenti cosa potrebbe indicare?

    2. Vincenzo Tortorella

      Potrebbe anche essere che le “cryptas” siano i locali della villa romana abbandonata nel IV o V secolo e semi-sepolti dalla duna, chissà, un’ipotesi vale l’altra o entrambe. Il terreno sottostante l’area è alluvionale e quindi mal disposto a formare antri sotterranei naturali come quelli presenti sulle colline. Le dune costiere hanno sempre effettuato un’azione moderatrice sulla furia del mare ma al contempo impedivano il regolare deflusso delle acque interne provocando acquitrini e gli antichi laghi costieri.

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