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l’oblio di Licignano

    Cos’era un casale nel principato di Salerno intorno all’anno 1000, una singola struttura agraria come la vediamo oggi o l’estensione del concetto di villa agraria romana?

    I romani nell’epoca classica indicavano con “villa” l’insediamento abitativo costituito da un fabbricato nobiliare nel quale erano inglobati magazzini oltre alla presenza all’interno o all’esterno del muro di cinta di alloggiamenti per i villani, liberti e schiavi addetti alla cura dei terreni di competenza del nobile o comunque lavoranti nelle varie attività utili alla villa.

    Alcune di queste ville, almeno le più grandi, presentavano addirittura delle terme, edificio tanto caro agli antichi romani, e almeno un tempietto dedicato a qualche divinità benevola indicata dal nobile.

    Un vero e proprio villaggio quindi, dove le attività erano non solo dedicate alla cura dell’agro ma centro di un’intensa vita campestre con tutte le sue sfaccettature.

    Decadendo l’Impero romano queste ville, e nuovi altri insediamenti, diventarono casali nei quali l’attività principale divenne l’agricoltura nell’area circostante, molti di questi furono fortificati, altri invece mantennero uno status di semplice casale a cui faceva capo il feudo.

    Nelle campagne salernitane sono molteplici i casali e solo alcuni vennero fortificati come avvenne per Olibani, Mons Corbini, Iffuni, Castelluccia, Acerno.

    Altri casali rimasero senza fortificazione avendo nelle prossimità dei castrum o delle fortezze in genere e quindi si riteneva economicamente svantagioso mantenere una guarnigione in loco, nella zona in oggetto si rilevano i casali di S.Mattia, S.Arcangelo, Battipaglia, S.Maria a Corte, Liciniano.

    Su quest’ultimo ho intenzione di focalizzare l’interesse in quanto oggi l’esistenza ne è stata soppressa dagli eventi storici che hanno interessato l’area.

    Liciniano era sulle falde del Monte S.Elmo tra Olevano e Eboli, l’esistenza di questo casale è documentata da più testimonianze, una delle prime è l’attestazione di Gisulfo II, Principe di Salerno che dona al vescovo Amato Liciniano ed Olevano cum omnibus hominibus et bonis eorum habitantes et habitaturos in ipso et pertinentis eius et cum omnibus juribus terris aquis molinis et tenimentis suis, quindi il feudo di Liciniano, preesistente, viene privatizzato, cioè affidato ad un’autorità non statale in n documento anteriore al 1035.

    da notare che Gisulfo I aveva già concesso il casale alla Curia salernitana nel 958 insieme al Castrum Olibani e al Castelluccium Baptipalle.

    Gisulfo II chiarisce che l’autorità curiale si estende a liberi servi censiles rusticos vel stauriti e che tutti i liberi ab omni collecta et publicis serviciis sint immunes, e si precisa che gli abitanti di Olevano e Liciniano coram eo et sui successoribus de omnes civiles questiones convenire debeant et a suo judice judicari.

    Per gli abitanti dei casali quindi si prospetta anche un’amministrazione della giustizia nella mani della curia.

    [wpedon id=”8864″ align=”left”]Pochi anni dopo fu Roberto, conte di Eboli a riconoscere i diritti feudali alla curia salernitana affermando che gli abitanti di Licinianum de omni questione et placito … semper baiulis et iudicibus predicti domni archiepiscopi … debeant libere conveniri.

    Liciniano, quindi non era solo una semplice località di campagna ma bensì un discreto insediamento rurale composto da diverse unità abitative e anche una chiesa dedicata a San Nicola e un’altra nelle prossimita a S.Maria al Campanaro.

    Una successiva riconferma dei beni del casale Liciniano all’arcivescovado di Salerno la si ritrova in documenti del 1169, 1183, 1206, 1227 e infine nel 1232.

    la storia del casale termina come quella di tanti altri, molti dei suoi abitanti trovarono più agevole accedere ai terreni spostandosi nei nuovi insediamenti che oggi formano le frazioni di Olevano sul Tusciano, e in particolar modo Ariano e Monticelli.

    L’abbandono e il tempo hanno fatto ormai sparire l’insediamento originale, il nome di Licignano invece non è scomparso, conservato com’è nella documentazione ufficiale della curia salernitana, forse, questa pagina servirà a farlo riemergere dall’oblio a cui è destinato negli asettici scaffali di una biblioteca.

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