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Maccaruni alla pignata

    Da millenni l’uomo utilizza contenitori in terracotta di varie forme e dimensioni, servono per contenere liquidi, cibo, unguenti o quant’altro è utile raccogliere.

    Inutile dire che viene e veniva utilizzato anche per cuocere gli alimenti più svariati dando un gusto particolare al cibo che migliora man mano che l’uso si protrae nel tempo.

    Dalle mie parti, il contenitore che oggi chiameremmo pentola, dava il nome al piatto carnascialesco per eccellenza, i maccaruni alla pignata, una sorta di bomba energetica idonea alle fredde giornate invernali e particolarmente preparato nell’ultima di carnevale.

    In definitiva la procedura è semplice come per tutti i piatti della tradizione lucana, cilentana o picentina, il tutto si basa sul brodo di cottura di parti poco pregiate del maiale.

    Dentro alla pignata venivano immersi in acqua e cotti le orecchie, le cotiche, i piedi, qualche salsiccia “di polmone” chiamata anche pezzente, insomma, parti di scarto.

    Quel brodo cuoceva lungamente nei pressi della fiamma del focolare, oggi ci vorranno un paio d’ore sulle nostre cucine ultramoderne o ancora meno se usa la cottura sotto pressione, nel frattempo le donne preparavano i maccaruni, una pasta fatta con farina e uova (e che farina …., ricca di crusca e germe di grano) che di regola assumono il nome di fusilli perché lavorati col fusello, un bastoncino di legno sottile che premuto sul cilindretto di pasta e poi fatto rotolare lo incavava, nessuna poesia su questa pasta, ancora oggi è possibile gustarla, la si fa col sugo di castrato, col ragù, con quello che vi pare, è sempre buona.

    Torniamo al brodo e alla pasta che immersa vi cuoce dentro, appena pronta la si tira via dal liquido che però non viene buttato, una piccola parte viene presa e unita alla pasta cotta che amalgamaa caldo le uova sbattute, il pepe e a chi piace una grattatina di formaggio (superflua a mio dire) e poi servita, sempre seguendo la tradizione, in piatti di terracotta insieme a pezzi delle carni cotte.

    La mia è una descrizione sommaria della pietanza, non è mia intenzione dare dosaggi, tempi e modalità perché c’è chi meglio di me sa ancora come prepararla, voglio solo proporre un salto nel passato remoto (o prossimo per chi non l’ha dimenticato) di una tradizione ultracentenaria.

    Essendo il maiale di qualche anno fa una intensa fonte di calorie faceva si che i maccaruni alla pignata venivano preparati d’inverno e in special modo l’ultimo giorno di carnevale per salutare le carni che dal giorno successivo non potevano essere mangiate per tutto il periodo della Quaresima.

    Oggi invece il maiale non ha più quel gran contenuto di lipidi grazie anche alle tecniche di allevamento che rispecchiano le mode salutistiche, ed è quindi possibile preparare i maccaruni in qualsiasi stagione, anzi, d’estate è gustoso anche gustarlo dopo che si è freddato (non da frigo però).

    Tradizione, cultura, storia si fondono in questi pietanze uniche nel loro genere, raccontano in ogni boccone quanta bellezza c’è nel nostro mondo, quanto amore per la nostra terra, quanta nostalgia dei bei tempi che furono.

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