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Il nostro oro e l’altrui piombo

    Attraversare oggi le valli del Cilento diventa un’impresa sullo stile “Adventure”, alle strade strette e sconnesse si aggiungono percorsi tortuosi che trasformano questi territori in aree di bassa influenza produttiva eppure se vogliamo ascoltare i canti del periodo romano leggiamo che ques’area della III regione “Lucania e Bruzio” era “ottima e ricca di prodotti di ogni genere (optima et omnibus bonis abundans)”.

    All’abbondanza dei prodotti si univa la straordinaria inventiva degli abitanti che riuscivano ad imporre sui mercati la qualità oltre all’abbinare prodotti diversi al fine di produrre qualcosa di unico e di famoso in tutto il mondo antico.

    Un valido esempio di questi abbinamenti era costituito dall’allevamento del bestiame che richiedeva una pratica di pascolo libero sui declivi ricchi di prati dove germogliavano e crescevano spontanee erbe medicinali che, adducendo alla concezione del creato degli antichi, consumate dagli armenti trasferivano nel latte le proprietà salutistiche e curative.

    Possibile che gli antichi abbiano capito con l’intuito quello che oggi faticosamente la scienza ha compreso? Si è notato infatti che esiste una notevole differenza di qualità del latte tra l’allevamento allo stato brado o semibrado e quello in strutture chiuse, intanto nel primo caso anche la qualità di vita dell’animale è altamente migliore in quanto a vita all’aperto ne riduce lo stress e poi l’alimentazione è varia proponendo così un prodotto con un profumo e un sapore superbo.

    Il latte prodotto infatti, osservavano i romani, era più denso, profumato e ritenevano inoltre che fosse curativo e idoneo alla terapia delle malattie dell’apparato respiratorio, in tal proposito ricordo una terapia che mi proponevano durante il raffreddamento o l’influenza, consisteva nel bere molto caldo del latte addolcito fin quasi alla nausea con miele di eucalipto.

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    L’animale che meglio incarnava il senso del benessere era la capra, era adatta ad essere condotta in territori aspri e scoscesi, non disdegnava di “pulire” i prati da rovi e arbusti che l’infestavano e inoltre era considerato un vero e proprio laboratorio farmaceutico mobile.Oggi il latte di capra è considerato come quello che ha le caratteristiche più simili al latte umano e per questo consigliato dalla moderna scienza dietologica ma risulta anche quello meno disponibile sul mercato eppure nel Cilento erano presenti molteplici greggi caprini che venivano utilizzati a produrre il “latte medicale”, essi erano lasciati a pascolare in prati arricchiti di particolari erbe medicinali e la risultanza era che le proprietà curative trasferite nel latte venivano offerte agli ammalati che lo bevevano come terapia medica, tale terapia non solo era praticata dal volgo ma utilizzata anche da alti personaggi della corte imperiale che per praticarla erano “costretti” ad alloggiare nelle contrade cilentane.

    Ovviamente oltre agli allevamenti caprini erano fiorenti anche quelli di ovini e bovini il cui latte, anche se meno nobile, era utilizzato anche per la produzione di prodotti caseari di qualità il cui eco ancora oggi si diffonde nelle valli del Cilento.

    Una curiosità, con il latte caprino si produceva, e forse ancora qualcuno ancora lo fa, una mozzata fresca, un formaggio simile alla mozzarella.

    Siamo un popolo strano, abbiamo nella nostra cultura la sapienza accumulata da millenni di esperimenti sociali ed economici legati al territorio, dalla nostra inoltre vi è anche una richiesta di mercato incentrata sulla qualità e sulla specificità del prodotto eppure preferiamo languire nella vana attesa del mantenimento di promesse fatte da cacciatori di voti che l’unico bene che hanno fatto era per le proprie tasche.

    Ho voluto inserire in poche righe tre se non più proposte di sviluppo legate al territorio, l’allevamento allo stato brado o semibrado, la produzione lattiero caseraia di qualità, la produzione di erbe medicinali in un territorio quasi incontaminato e da queste poi altre attività possono essere generate come lo sviluppo agroturistico dell’area, il ritorno della tessitura della lana caprina, l’apertura di laboratori chimico-medicinale per l’estrazione delle essenza erbarie, e continuerò ancora.

    Il Cilento non ha nulla da invidiare alle aree alpine altamente pubblicizzate, anzi, la titpicità del suo territorio offre delle possibiità altamente qualitative rispetto alle predette, camminiamo sull’oro e guardiamo l’argento degli altri.

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