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Persano, l’orgoglio di Carlo

    Il territorio di Serre e Persano è situato in quello più vasto del comprensorio dell’Alburno, in provincia di Salerno. Esso è racchiuso tra i fiumi Sele e Calore.

    Anticamente era parte integrante della Lucania romana e bizantina. In epoca romana questo territorio assunse una notevole importanza quando nel 132 a.C. fu costruita la Via Popilia, o Annia (secondo la versione dello storico Bracco) cioè l’antica Regio-Capuam.

    Essa fu percorsa lungo i secoli da famose spedizioni militari: da Alarico nel 410 d.C.; da Roberto il Guiscardo che dalla Sicilia si diresse a Salerno per occuparla, nel 1076; da Giuseppe Garibaldi e dei Mille nel 1860. Nel 58 a.C. l’attraversò anche Marco Tullio Cicerone.

    Poco lontano dall’ antica arteria viaria romana, a circa un miglio, vi è il piccolo paese di Serre, il cui primo nucleo abitato probabilmente risale ad epoca medioevale, forse X – XI secolo d. C. Esso è situato nella bassa valle del Calore; è adagiato sul versante meridionale di una collina isolata sul versante destro del fiume Calore e su quello sinistro del torrente Alimenta.

    L’antico nucleo medioevale serrese si sviluppava intorno all’antico castello, di cui non rimane traccia. In età moderna il feudo di Serre appartenne a Maddalena Sanseverino che ricevette l’investitura nel 1532 con un atto di Carlo V. Maddalena fu rapita e poi sposata da Giulio De Rossi di San Secondo di Parma.

    Così il ramo della famiglia dei De Rossi entrò a far parte della storia di Serre. Nel 1758 Giuseppe De Rossi permutò il feudo di Serre con quello di Casaldiprincipe, su richiesta di Carlo III di Borbone che volle avere per sé il ricco territorio boschivo di Serre e Persano, per amore della caccia. Da quel momento in poi, con regolare atto notarile, datato 10 marzo 1758, Carlo III divenne proprietario di Serre e del suo territorio e sovente si recava a caccia nel nuovo Sito Reale di Persano.

    Tra il 1752 e il 1754 fu eretta, su progetto dell’ingegnere militare Juan Domingo Piana, la Real Casina di Caccia ora sede di un comando militare. Nel 1753 vi intervenne anche il noto architetto Luigi Vanvitelli per risanare staticamente alcune parti dell’edificio.

    Nel 1779 Ferdinando IV rese più confortevole il percorso della antica via Regio-Capuam e a tal ricordo pose una lapide, sul rettilineo del Pagliarone di Serre (ora Strada Statale 19 delle Calabrie), che ricordò tale impresa. Essa tuttora esiste in sito. Con l’eversione della feudalità agli inizi del XIX secolo Serre divenne libero comune e gran parte del territorio di Persano è ora demanio militare dell’esercito. Serre ha una bella chiesa parrocchiale, dedicata a San Martino Vescovo; era un’importante chiesa ricettizia e oggi si presenta nella sua veste settecentesca, a navata unica.

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    Vi sono alcuni preziosi documenti d’archivio che testimoniano i lavori svolti nella seconda metà del XVIII secolo. In essa vi erano dei dipinti di Francesco Peccheneda di Polla (Sa). Ma un furioso incendio la devastò nel 1822 e, forse, in tale occasione l’intero patrimonio di tele dipinte andò distrutto.

    Di esse non c’è traccia. Resta, però, un bel San Martino Vescovo, ligneo, risalente ai primi anni del Settecento, sicuramente riconducibile alla maniera dello scultore Giacomo Colombo e/o allievi, ma che Letizia Gaeta attribuisce al Di Venuta.

    A Serre vi è anche un piccolo museo della civiltà contadina e una Biblioteca Comunale il cui nucleo fondante è stato donato dal dott. Guido D’Aniello, già Direttore Generale dell’Istruzione Artistica.

    Chi si reca a Serre avrà modo di constatare personalmente l’incantevole posizione panoramica di questo antico borgo, il cui sguardo spazia dalla mitica pianura pestana al rosa pallido delle cime dell’alburno baciate dal sole al tramonto.

    Nel 1883 lo studioso francese Francis Lenormant accennò al paesaggio che dal Castello di Eboli si godeva sul vasto panorama che si apre sulla Piana del Sele e sul Golfo di Salerno, da cui si scorgeva la “grande foresta di querce di Persano [che] getta attraverso un buon terzo della piana, a metà strada tra Eboli e il mare, una macchia di verde scuro, il cui effetto è molto sorprendente.” Questo bosco, dal 1551, appartenne alla famiglia De Rossi, che era proprietaria del feudo di Serre e di Persano. Ed è a Persano che l’augusto re Carlo III di Borbone veniva spesso a cacciare nel bosco, ricco di selvaggina, in genere tra i mesi di novembre e dicembre.

    L’amore per questo ameno sito fece si che lo stesso sovrano, già nel 1752, prima ancora che divenisse proprietario di Serre e Persano, il che avvenne con regolare atto notarile di permuta il 10 marzo 1758, diede ordine di dare inizio ai lavori per la costruzione di una degna Real Casina di Caccia, su progetto di un ingegnere militare spagnolo: Juan Domingo Piana. L’attribuzione del progetto originario dell’edificio di caccia di Persano al Piana la si deve allo storico Domenico Siribelli nel volume “Verso l’Alburno”. Tale tesi è stata, poi, avvalorata da Giancarlo Alisio, a cui gli ha fatto eco Rosamaria Giuliani. Viene così, finalmente, sfatata la voce popolare che voleva a tutti i costi attribuire al grande architetto Luigi Vanvitelli (1700 – 1773) la costruzione del “Palazzo Reale” di Persano.

    Il Vanvitelli a Persano vi è stato più volte, soprattutto tra il 1753 e il 1754; vi ha lavorato per rimediare a dissesti statici della costruzione della Casina di Caccia. Infatti, egli stesso scrisse nella lettera al fratello Urbano del 6 dicembre 1757 così scrive: ” …. Vi sono strade fatte e brecciate, che paiono giochi lisci, per andare alle poste, sicchè questo Bosco naturale pare quasi una Villa, onde è vera Caccia Reale” e inoltre “ Ho ristaurato il Cadente Palazzo delle Reali Caccie di Persano mediante 32 Catene di Ferro”, coadiuvato in tale opera da maestranze specializzate fatte appositamente giungere a Persano e provenienti dal ben più famoso cantiere della Reggia di Caserta. Vanvitelli fu costretto a chiudere le arcate superiori del cortile interno del complesso edilizio. In questo modo anche il significato formale del cortile risultò mutato poiché agli archi del pianterreno fece eco il muro pieno del primo piano.

    Anche Carelli parlando del bosco di Persano dice “tre strade longitudinali lo attraversano nella direzione sud-ovest e nord-est delle quali la media detta viale del palazzo, della lunghezza di circa 10 Km. spacca con linea retta la selva in quel punto, ed altre dieci strade pure principali l’attraversano e formano tra esse cinque piazzali nei punti di incontro che servono per le comodità della Tenuta.” Raggiere di strade si trovano anche nel Real Bosco di Portici e Capodimonte. Il bosco di Persano era ricco di sorgenti come quelle del Saraceno, Fornillo, Casa Fondata, Lauro, Fontana della Regina. Dopo la ricorrenza dei morti, durante la stagione invernale, i Re Borbone preferivano venire a caccia a Persano.

    Il Carlo III di Borbone fece subito intendere chiaramente che voleva rendere la sua corte fulgida come quella di Madrid, avendo però sempre in mente la corte di Versailles come ideale da perseguire. Anche a Persano, dal punto di vista urbanistico, come è evidente nella planimetria del sito reale in un rilievo del 1808, c’è il riferimento alla reggia di Versailles, riecheggiano i concetti e le teorie dell’abate Laugier prima e di Vincenzo Ruffo poi e propongono l’immagine di una città intesa come un bosco attraversato da viali, “in maniera che vi si trovi nello stesso tempo ordine e bizzarria, simmetria e varietà con piazze diversamente sagomate da cui si diramano raggiere di strade, dando luogo ad una maglia stradale differenziata. Viene privilegiata la veduta assiale con la costruzione del viale Gioacchino Murat, lungo circa 10 km” che lo collega alla SS19 delle Calabrie.

    Il palazzo a due piani, con parziale copertura a tetto, è di pianta quadrata con cortile centrale e negli angoli quattro vani ottagonali circuiscono tre scale elicoidali. Su di un lato dell’atrio di ingresso si trova l’ampio scalone di rappresentanza, che si avvolge in un ampio vano riccamente decorato da stucchi.

    Dal perimetro dell’edificio fuoriesce, per il solo pianterreno, l’abside della cappella di S. Maria delle Grazie. Essa si amplia in due vani contigui rettangolari, coperti da cupole ellittiche che si concludono in un grande abside. Le due cupole con lanternino, che coprono l’ambiente, diviso soltanto da uno stretto arco, producono un effetto spaziale di notevole intensità che richiama episodi bizantini tanto diffusi nella zona. Nel cortile, lo spazio senza dubbio di maggiore interesse, risolto mediante una serie di arcate su due ordini delimitanti ciascun lato, un risentito effetto chiaroscurale è affidato al contrasto tra le forti ombre delle arcate aperte e le superfici lisce dei chiusi volumi angolari.

    Le opere destinate ad abbellire il Casino Reale, sono state realizzate da artisti come Francesco Celebrano, il Celestino, Jacob Philipp Hackert, Salvatore Fergola, Ra di Sansevero ed altri. Molte di queste opere, sono conservate presso la stessa cappella di S. Maria delle Grazie, il Palazzo Reale di Caserta, il Museo di Capodimonte, il Museo Nazionale di Norimberga, ecc.

    L’illuminismo e il diffondersi di una cultura ispirata ai modelli francesi, un più vivo contatto tra Napoli capitale e le maggiori città europee, la diffusione delle teorie del Laugier e del Ruffo, che proponevano l’immagine di una città intesa come un bosco attraversato da viali, vennero applicate nella costruzione urbanistica del sito reale di Persano.

    Il viale Gioacchino Murat, lungo 10 Km., posto in asse con il Casino reale secondo la direzione est-ovest, lo collega alla S. S. 19 delle Calabrie, spaccando longitudinalmente il bosco in due parti. Quest’ultimo era ricco di sorgenti che consentivano la permanenza di migliaia di persone, durante le battute di caccia. Tra le sorgenti più conosciute ricordiamo quelle del Saraceno, Fornillo, Casa Fondata e Lauro, ma il Re preferiva la ”Fontana della Regina”, che si trova in contrada Spineto.

    Oggi Persano è sinonimo di Esercito Italiano: la Real Casina Borbonica è ora sede di un comando militare, quindi di non facile accesso per gli studiosi che vogliono recarvisi. Del grande bosco ricordato dal Giustiniani e dal Lenormant non rimane che il ricordo. Ma il nome di Persano è ora ricordato per la presenza, nel suo territorio, che amministrativamente appartiene al Comune di Serre, di una importante centrale fotovoltaica dell’Enel e alle lotte contadine che a ridosso delle due ultime guerre mondiali e fino alla fine degli anni Settanta del secolo XX hanno contrapposto l’esercito e la popolazione civile in un lungo braccio di ferro per la coltivazione dei terreni, incolti e fertilissimi. Così il territorio di Persano è solcato, ancora oggi, dai cingoli dei carri armati e non da quelli, ben più importanti e pacifici, dei trattori

    La notorietà di Persano è dovuta a diversi avvenimenti che hanno interessato il suo territorio per circa tre secoli. Determinante e primo fra tutti, il fatto che Carlo III di Borbone lo volle “Sito Reale”. Poi perché sul suo territorio si è sviluppato il cavallo “Salernitano-Persano”, presente già dal 1649 e attore di importanti primati equestri. Infine perché ospita uno dei presidi militari dell’Esercito Italiano più grandi d’Italia e la Centrale fotovoltaica dell’Enel più grande d’Europa.

    NDR. Il materiale presente sull’articolo è una libera fusione di scritture estratte dai siti “agendaonline.it” e “arcostudio1.it “

     

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