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Quando suona la campana di San Marco

    Come ogni mattina don Mario prepara la chiesetta di San Marco per le visite dei contadini al SS Sacramento custodito nel tabernacolo della chiesa.

    Don Mario è anziano, alla sua età molti preti si fanno aiutare da giovani sacerdoti a gestire gli affari della chiesa ma lui no, non vuole saperne di abbandonare quelle poche anime cristiane della Fasanara.

    E intanto i contadini, pur di ascoltare la parola di Dio, entrano nella chiesetta con le scarpe piene di fango, il pavimento, composto da piastrelle rosse di terracotta, è quasi sempre segnato con le impronte degli stivali e degli scarponi, pazienza, Dio non guarda il fango per terra ma le loro anime.

    La chiesa di San Marco è posizionata sul lato esterno della masseria del principe lungo la strada per Orto Grande ai margini del bosco, nei pressi le terre dei Doria accuratamente zappate dai trappani.

    Azionando la pompa della fontana riempie un altro secchio d’acqua per pulire quel pavimento infangato e nel prendere il manico del secchio scorge davanti a lui degli stivaloni, alza gli occhi e lui è li, è Gregorio Ricci, il brigante.

    Al di sopra degli stivali il brigante indossava un ampio pantalone di panno del vecchio esercito borbonico e una casacca del battaglione cacciatori del re. Lo sguardo di Ricci è duro, di uno che ha visto tante cose nel corso della sua giovane vita ma appena il prete lo guarda il brigante si leva il cappello in segno di rispetto “Don Mario, ho da farvi una proposta, noi siamo gente devota ma non ci piace essere presi in giro, voi in genere non celebrate messa all’ora dell’Ave Maria ma vi chiedo di celebrarla per noi e per noi soli. In cambio vi assicuro che all’altare non mancheranno mai i ceri ma guai a voi se celebrerete in nostra assenza”.

    Trascorsero diversi giorni e puntualmente ai rintocchi della campana dell’Ave Maria Don Mario indossava i paramenti liturgici e si apprestava a celebrare la funzione, la banda di ribaldi come da accordo era sempre presente e ogni giorno si accendevano nuovi ceri sul piccolo altare di San Marco.

    I contadini, vedendo che don Mario celebrava messa anche a mezzogiorno iniziarono a presentarsi anche loro alla funzione quando erano nelle vicinanze cosicchè la cappella era sempre colma di gente.

    Accadde però che un giorno la banda di Gregorio Ricci per sfuggire ad un inseguimento da parte della guardia nazionale non riuscì ad arrivare in orario alla cappella e don Mario, dimentico della promessa fatta, iniziò la celebrazione liturgica senza che i briganti fossero presenti.

    La masnada raggiunse la chiesetta in tempo per verificare l’avvenuta celebrazione, il brigante Ricci si avvicinò a don Mario e gli sussurrò “È l’ultima messa che avete celebrato, domani ci sarà un funerale” e si allontanarono rapidamente.

    Il giorno successivo giunse l’ora dell’Ave Maria, le campane di San Marco come al solito iniziarono a battere ma il loro ritmo era diverso dal solito, era confuso, discontinuo, il tutto durò qualche minuto, poi il silenzio.

    Giunsero nella cappella i primi contadini che abitualmente seguivano la funzione di mezzogiorno e quel che videro fu una scena raccapricciante.

    Don Mario era legato per il collo alla fune della campana, la lingua fuoriusciva da un lato della bocca, gli occhi sbarrati che sporgevano dalle orbite, la testa china verso il basso e il corpo che dondolava dolcemente sollevato dal terreno.

    I parrocchiani sollevarono dolcemente il corpo dell’anziano rete e recisero la corda, lo poggiarono sopra l’altare e chiamarono i gendarmi.

    Al funerale furono presenti tutti i contadini della tenuta del principe Doria proprietario della masseria e al termine della cerimonia fu il massaro a chiudere a chiave la porta della cappella.

    In attesa di un nuovo canonico pose le chiavi insieme a tutte le altre della tenuta ma nei giorni successivi iniziarono a manifestarsi strani fenomeni alla Fasanara.

    A mezzogiorno, e solo a quell’ora, per tutta la tenuta, si udiva il suono inconfondibile della campana di San Mauro, in effetti le campane nel piccolo campanile a vela della cappella si muovevano al ritmo dell’Ave Maria.

    La cosa era incomprensibile perché la fune della campana era all’interno della cappella e la stessa era chiusa con una chiave conservata gelosamente dal massaro, eppure suonava, qualcuno la suonava.

    Gregorio Ricci non venne più alla Fasanara, venne catturato con la sua banda nella zona di Filetta pochi giorni dopo, ma la campana continuava a suonare.

    Il fatto giunse all’orecchio del principe che per ristabilire la tranquillità nelle tenuta decise di far abbattere il campanile a vela e fondere la campana di bronzo.

    Ora non si ode più il suono della campana eppure c’è chi giura che di tanto in tanto quel suono ancora si ode nei pressi della masseria.

    La storia è stata trascritta così come me l’hanno raccontata e solo il nome del canonico è stato cambiato per rispettarne la memoria.

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