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San Nicandro e la memoria normanna

    Un bosco nei pressi dello svincolo autostradale di Sicignano risuona ancora degli zoccoli dei cavalli e del tintinnare di armature, fantasmi di un passato vagano tra quegli alberi alla ricerca di una memoria ormai perduta.

    La dove il fiume forma un’ampia ansa s’alza una collina sulla cui cima, ancora imponente, s’erge il Castello di San Nicandro o meglio quel che ne resta.

    Dimenticato dalla storia e dagli uomini San Nicandro potrebbe raccontare di cavalieri e di battaglie, di intrighi e conquiste.

    Tutto ebbe inizio a Salerno, allora capitale del più potente Stato del sud, sul soglio principesco sedeva Guaimario che per una congiura ordita dai cognati venne assassinato nel porto della città il 3 giugno 1052. Venne rapito inoltre il giovane Gisulfo II legittimo erede al principato.

    Per la sua liberazione intervenne lo zio Guido, duca di Sorrento, che chiese aiuto ai normanni che posero l’assedio alla città e scacciarono l’usurpatore Pandolfo III.

    Come premio per l’aiuto Giusulfo nel riconoscere l’investitura “de celle terrequ. il tenoient” promise tributi, terre e castelli al conte di Aversa, agli Altavilla e agli altri normanni per l’aiuto concessogli.

    Quali siano state le ragioni per cui Gisulfo cercò di rinviare sine die gli impegni persino sulla consegna della dote della principessa Sighelgaita data in moglie a Roberto il Guiscardo non ci sono note ma questo provocò una faglia profonda tra il principe e i normanni.

    Stanchi di attendere e “molt corrociez” per l’atteggiamento del principe i normanni si ribellarono e lasciarono Salerno. Inizia qui un periodo di saccheggi e incendi di villaggi finchè la popolazione “a furore normannorun libera nos Domine” insorge.

    Sotto la direzione di Guido il popolo comincia a guarnire le “lor terres et lor chasteux de murs et de palis” che infransero l’impeto della cavalleria normanna.

    Dopo aver assalito e espugnato “lo chastel de Saint Nicharde” i normanni “von devorant lo Principat tout” come riportano i Registri Angioini conquistano anche Castel Viel et Facose le Nove due luoghi non ancora definiti.

    (Et vint lo conte Umfre, et demanda lo don qu’il soloit avoir, et vint o son frère Guillerme, demanda lo chastel qui lui fu promis o sacrement. Li prince dampna la pétition de ces. .ij., Et onques ne les vouloit voier, me de bone et alègre face non lor vous plaisir. Et se partirent ces .ij. Frères moult corrociez, (et cerche) et queroient de avoir satisfation, Et en prime donerent esmote à lo castel de Saint Nicharde, et puiz von devorant lo principat tout. —- da L’Ystoire del li Normant e la chronique del Robert Viscart – 1835)

    Altre note nei Registri Angioini sul castello di San Licandro riportano che Sanctus Nicander pro focul era tenuto da Rodolfo De Coland, luogotenente di Carlo D’Angiò nel 1269.

    Quindi, in base all’Ystoire de li Normant, e ai Registri Angioini, il Castello di San Nicandro inizialmente fortificato a difesa del Principato divenne punto d’infiltrazione normanna per la conquista del Principato di Salerno embrione di quello che poi diventerà il Regno di Sicilia di li a pochi anni.

    Tornando ai Registri Angioini degli anni 1270-1271 il castello risulta passato di mano, dal De Colant i signori divennero i fratelli Giannantonio di Calabritto e Tipaldo di Valice figli di Aldoino e, cosa nuova si parla dell’esistenza sul luogo di un villaggio o casale in quanto è accertato l’occultamento di un fuoco e quindi si obbliga la locale università al versamento di sette tari e mezzo.

    L’anno successivo i medesimi Registri annotano un ulteriore passaggio con donazione a Giovanna, moglie di Egidio di Blemur successivamente confermata (Egidio de Blemur pro castro Camerote et Malope et pro castri Sancti Nicandri, quod tenet pro parte uxoris sue.).

    E ancora Guidone de Arsellis, mil. Dom. Escoli, concedit in uxorem Angletinam, rel Johannis de Confluentia, cum subscriptis bonis, vita etusdem uxoris durante, vid. Castrum S.Nicandri, terra Rutiliani, casali Capursi, feudum in Noha, alium feudum in Camerota, nec non et casalia Mutilati, Gallani et Vinee Castrensis.

    I passaggi di mano del maniero non terminano qui in quanto nel 1286, al nobil uomo Ugo Lebaine, familiare del principe di Salerno, furono concessi i castelli di S. Giorgio e S. Nicandro del giustizierato di Principato.

    Si presuppone a questo punto un’esistenza abbastanza vivace all’interno delle mura del castello e non solo, bisogna considerare che l’esistenza del maniero è dovuta alla fortificazione della collina con mura e pali da parte di Guaimario per contrastare le scorrerie normanne nei villaggi del principato. La costruzione è dunque avvenuta per proteggere un nucleo abitativo di una certa consistenza preesistente sul luogo.

    Ma la presenza del villaggio era anteriore a quella data perchè se Guido ha potuto edificare il maniero con l’aiuto della popolazione vuol dire che sul luogo era presente un centro urbano.

    Un primo accenno al villaggio viene dall’abate Amato di Montecassino quando scrive della conquista normanna del Principato, successivamente appunti marginali sul villaggio li ritroviamo come abbiamo detto nei Registri Angioini e Pietro Ebner in Chiesa, Baroni e popolo del Cilento oltre a citare il villaggio accenna alla presenza di un ponte detto di San Nicandro sul fiume Calore.

    Facciamo un salto di circa tre secoli, San Nicandro torna alla ribalta a seguito di un evento catastrofico: “L’ultimo del detto mese di Luglio (1561 10° grado Mercalli) che fu di giobbia presso le ventiquattr’ore fu un Terremoto molto grande quasi in tutto il Regno di Napoli, nell’ Isole prossime, ed anco in una parte della Sicilia, che su di molta importanza, ma mostrò maggiormente la sua possanza in Prencipato, e Basilicata, perciò che ivi furono rovinate le terre a fatto come Balbano , lo Tito, Picerni, S. Licandro, la Polla, ed altre , ma particolarmente fece molto danno nella Valle di Diano, ove non cessarono i Terremoti anzi quasi ogni giorno si sentivano, intanto che a’ diecinnove del mese d’Agosto intorno alle vent’ore ne su un’altro molto grande, che fu ancora sentito nella Città di Napoli, per empito , e forza de’ quali in queste Provincie oltra di molti altri danni, ne seguì la morte di cinquecento ottanta quattro persone , e la rovina di cinquecento cinquant’uno edifici tra case, e chiese ; come diffusamente ho descritto nel mio discorso del Terremoto.” – (Compendio dell’Istoria del Regno di Napoli di Pandolfo Collenuccio – 1771).

    Notizie più precise sui danni al villaggio di San Nicandro le riporta il bollettino della Società Geologica Italiana del 1891 che elencando i danni nei vari siti enuncia che, nel terremoto del 1561 caddero completamente a S.Nicandro 8 abitazioni, completamente, vuol dire che altre abitazioni rimasero probabilmente danneggiate chi in modo lieve chi grave e inoltre nel 1561 il villaggio esisteva ancora.

    Citando ancora Ebner San Nicandro era un’università autonoma fino alla scomparsa del feudo.

    Il maniero e il villaggio caddero nell’oblio, probabilmente a seguito del sisma del 1561, nulla è rimasto del villaggio ma le mura del castello sono ancora li, anche a seguito dell’ultimo grande danneggiamento avvenuto col terremoto del 23 novembre 1980.

    Il mio è un tentativo di risvegliare la memoria sopita su di un luogo ricco di storia che in pochi ormai rammentano-

    Un popolo senza memoria è come un albero senza radici

     

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