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Sguardo sul principato longobardo, note generali

    Foreste, selve impenetrabili, paludi mefitiche, città in rovina invase dalla vegetazione, piccole aggregazioni umane inselvatichite, ecco l’aspetto dell’intero meridione d’Italia agli inizi del VII secolo.

    Le schiere longobarde erano giunte già da alcuni anni colonizzandole aree interne che strapparono all’amministrazione dei basileus bizantini, i guerrieri venuti dal nord offrirono alle superstiti popolazioni una certa stabilità e sicurezza dando vita al processo inverso della forestazione.

    Ampie arre coltivabili vennero strappare alle selve e il legno ricavato venne trasportato verso le coste dove capienti navi lo imbarcavano verso terre lontane.

    A protezione dei territori, oltre che garantire il possesso, vennero insediati una moltitudine di piccole guarnigioni collegate con fortilizi più o meno grandi che dipendevano da gastaldi o comites.

    Questo tipo di struttura piramidale aveva come vertice un duca quale rappresentante del re che risiedeva a Pavia ma che di fatto era completamente autonomo e questo ebbe termine con la calata dei franchi di Carlo Magno.

    Il regno longobardo si dissolse come una nuvola di fumo, l’intero nord Italia cadde nelle mani della nuova orda barbarico, Spoleto passò sotto il diretto controllo franco mentre il ducato di Benevento tentò la carta del vassallaggio formale quando il duca Arechi II si trasferì a Salerno con tutta la corte lasciando a Benevento solo la parvenza di “capitale del ducato”.

    Fu a Salerno che Arechi depose la corona i duca per impalmarsi con quella di principe, fu da Salerno che i primitivi insediamenti militari si trasformarono in guarnigioni territoriali ove gli arimanni depositari dell’autorizzazione principesca iniziarono ad addestrare ed armare alcuni dei contadini locali mentre le popolazioni costruirono mura più solide ai fortini inizialmente composti da una capanne e da un recinto di legno.

    Nuovi territori venivano resi coltivabili e alcune città rivissero nuove giovinezze finché non scoppiò una guerra civile che divise in due il principato, Benevento mantenne la corona di capitale ma Salerno tenne a battesimo il neo principe che pose il suo trono con il mare come sfondo.

    Ho accennato a piccole guarnigioni sparpagliate sul territorio acquartierate in fortilizi, ma che fine hanno fatto queste strutture?

    Alcune le vediamo ancora oggi fortemente modificate, altre non sono che ruderi abitati da rovi e serpenti ma di molti se ne è persa quasi ogni traccia.

    Un classico esempio è la Castellucciia di Battipaglia, del suo aspetto originario non è rimasto nulla, più di una volta è stata distrutta e ricostruita sullo stesso luogo, sorte diversa l’ha avuta il Castrum Olibani che una volta esaurita la sua funzione venne abbandonato e ora giace dirupato sulla cime del colle che l’ha ospitato mentre della Torre delle Grotte ne resta solo la memoria.

    Insomma, i longobardi, anche se barbari e guerrieri, furono gli artefici di una rinascita dell’agricoltura, riportarono la legge e l’ordine nei territori conquistati e, sembrerebbe che sotto il loro dominio le azioni criminose vennero meno (probabilmente anche perché erano durissimi nella repressione dei malfattori.

    Certo, non siamo ancora ai livelli che l’Impero Romano sviluppò nell’agricoltura, ma la ripresa continuò anche quando ai conquistatori venuti dal freddo si sostituirono i normanni dapprima e gli svevi successivamente.

    Una certa stabilità economica del settore agricolo la si mantenne anche durante il primo periodo angioino finché la lotta per il predominio con la casata aragonese non fece sprofondare il regno di Napoli nel buio tunnel della recessione.

    Da allora vige nel territorio una profonda rassegnazione che difficilmente riusciremo a scollarci di dosso.

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