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Terracena, la reggia perduta del Guiscardo

    Un cumulo di rovine, ecco cosa restava di una fortezza al termine degli assedi normanni. Le loro tattiche non erano comuni, non assediavano un sito in modo totale, si limitavano a controllare gli accessi e le uscite così potevano bloccare un castello anche con pochi uomini.

    Fu questa la sorte della Torris Maior di Salerno dopo la caduta dell’ultimo principe longobardo Gisulfo III che lo assurse a ultima difesa.

    In sua vece Roberto il Guiscardo eresse un nuovo maniero nella città e invece del Colle Bonadies, sede dell’espugnato maniero, decise di edificarlo nell’area pianeggiante sulle mura orientali prossime al mare.

     Di Castel Terracena non sono presenti che pochi frammenti nel centro storico della città ma anche di questo esistono le motivazioni.

    Analizzando la struttura della Salerno medioevale e post-medioevale si deduce che la città aveva poche possibilità di espandersi verso l’entroterra che non fosse la Piana del Sele dove purtroppo gli era preclusa l’edificazione a causa dei saraceni dapprima e della malaria successivamente.

    Salerno era quindi costretta a vivere nell’area triangolare che dalla cima del Bonadies scendeva verso il maree quindi si costruivano nuovi palazzi abbattendo completamente o in parte quelli esistenti, è questo il modo di aggiornare la città fin dai tempi di quando era colonia romana.

    Il Castel Terracena dovette quindi far spazio a nuovi e più moderni edifici, solo qualche frammento di muro è arrivato ai nostri giorni, o almeno si ritiene che appartenga ad esso.

    Molti lo chiamano Palazzo, altri Castello ma in realtà com’era fatto il Terracena? Un’idea della struttura possiamo ricavarla dalle descrizioni e dalle miniature che un sono incluse nel Liber ad Honorem Augusti, opera redatta tra il 1195 e il 1196 da Pietro da Eboli, in esso racconta delle vicende che portarono alla fuga dell’imperatrice Costanza, moglie dell’imperatore del Sacro Romano Impero Enrico IV e regina di Sicilia (era infatti figlia di Ruggero II e quindi zia di Guglielmo II che in punto di morte l’avrebbe indicata come erede al trono).

     Gli eventi fecero si che la corona del regno venisse posta sul capo di Tancredi, cugino del defunto re e quindi anche nipote di Costanza.

    Nel tentativo di adempiere alle volontà di Guglielmo, Costanza ed Enrico si diressero verso la Sicilia con un forte esercito imbarcato sulle navi pisane, Tancredi riuscì ad annientare la flotta e la stessa imperatrice cadde nelle mani del nipote che la recluse nella prigione dorata di Castel Terracena attratta dalle lusinghe del partito normanno contrario alla casata sveva.

    La giovane imperatrice si rese conto quasi immediatamente del tranello e si organizzò con le sue guardie a difesa del castello che subì diversi assalti dai normanni e dalla popolazione stessa.

    Per sommi capi è questo il resoconto di quei giorni e Pietro da Eboli ne fu il cronista sia per la descrizione in versi della vicenda che in forma grafica mediante delle miniature.

    In queste si notano sia la Turris Maior in cima al Bonadies che Castel Terracena che è rappresentato con merlature, finestre e porte ad arco ma in ogni caso come castello e non un palazzo, dalle miniature si vede anche che era posto in prossimità della Cattedrale fatta costruire dal Guiscardo e, compare anche un pozzo circolare che in una descrizione sarebbe stato presente al centro della corte interna.

    Di certo le miniature medioevali non danno merito alla struttura del castello ma, essendo stato costruito per essere un punto di difesa migliore rispetto al castello longobardo sul monte si presuppone in ogni caso un edificio di notevole consistenza,

    i progettisti però non tennero conto di un elemento importante, la Turris sul Bonadies era a gittata delle armi in uso al tempo, infatti è descritto alla distanza di “un tiro d’arco” dalla fortezza sulla collina che quindi era in posizione favorevole per inondarlo di dardi, cosa però impossibile dai difensori di Terracena.

    Del castello si persero le tracce tra il 1251 e il 1255, data in cui una bolla di Alesandro IV Papa donava l’area del castello al monastero di S.Benedetto in Salerno per costruirvi una foresteria.

    La sua scomparsa non ne dichiarò l’oblio in quanto Castel Terracena è sempre presente nel cuore dei salernitani che di esso ne hanno fatto in’icona della città.

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